Un buon "amico" da portare in vacanza.
Una settimana nella vita della famiglia Briscoe, tra amori, tradimenti e omicidi nel Texas rovente e selvaggio della campagna. Una famiglia da leggenda, anzi, da mito: dietro ciascuno dei protagonisti lampeggia una divinità dell’Olimpo con i suoi difetti e le sue virtù.
La famiglia Briscoe è un grande albero dai rami frastagliati che ha radici profonde a Olympus, Texas: il patriarca Peter ha avuto sei figli da tre donne diverse, una delle quali è sua moglie June, che alleva bestiame e culla annosi risentimenti eppure non ha mai smesso di amarlo e gli è rimasta fedele nonostante. Poi i figli: quando il primogenito March, rissoso fin da bambino, torna a casa dopo due anni di esilio - ha avuto una storia con Vera, l’incantevole, confusa moglie del fratello Hap - non è la riconciliazione che porta con sé, ma scintille pronte a innescare nuovi conflitti. Intanto Arlo, musicista errabondo dalla nera anima rock, sente che lo straordinario legame con la gemella Artie si sta incrinando, perché lei si è innamorata e forse non vorrà più seguirlo on the road. Tutti a Olympus seguono come uno spettacolo il crescendo di tensione destinato a esplodere in una settimana lunga come un anno, che vedrà saltare tutti gli equilibri. Feroci scambi di battute e risse da saloon, funerali e barbecue, vitelli da marchiare e veterinari affascinanti, vecchie verità e nuove bugie: in questo vivido romanzo d’esordio il mito greco scende dall’Olimpo per prendere la forma di una moderna saga familiare in cui l’amore vince tutto. Vince perché distrugge come un fuoco, e come un fuoco - forse - purifica.
STACEY SWANN
Nata e cresciuta in Texas, ha conseguito un Master in Fine Arts alla Texas State University e ottenuto la Stegner Fellowship alla Stanford University. Il suo primo lavoro è stato in un negozio di libri usati. Insegna scrittura creativa, collabora con la rivista letteraria American Short Fiction e suoi racconti sono apparsi su varie testate. Vive tra Austin e Lampasas, in Texas, dove la sua famiglia alleva bestiame.
Ricorda quanto l’aveva calmata tenere tra le mani il fucile, quanto le era sembrato tutto così semplice.
“Quando finalmente è arrivato ho imbracciato il fucile e ho preso la mira.” In preda alla rabbia com’era, June aveva immaginato i proiettili che gli perforavano la carne. E all’improvviso aveva provato un tale affetto per quel corpo. Non era colpa di quel petto se il suo proprietario aveva una morale labile, una volontà vacillante. Aveva pensato alla compagnia che le faceva quel corpo. Il calore, l’odore, la sensazione di casa che emanava. “Era ancora lontano, e sapevo che se avessi sparato non l’avrei ucciso, i proiettili non sarebbero andati perfettamente a segno. Forse l’avrei accecato. E pensai che magari avrei potuto perdonarlo perché gli avrei dimostrato che le sue azioni non erano prive di conseguenze.” Il cuore straziato di lei e la carne straziata di lui. June rimane in silenzio così a lungo che Cole chiede: “Cos’è successo?” “Alla fine non ce l’ho fatta.”