La potenza del gesto e del segno della pittura di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006) sono al centro della mostra “Questa è pittura” allestita al Forte di Bard, in Valle d’Aosta.
Il progetto, curato per il Forte di Bard da Gabriella Belli, vuole presentare l’opera di Vedova nella sua valenza pittorica, sfuggendo da ogni tentazione di lettura dettagliatamente storica o socio-politica, per indirizzare lo sguardo verso l’eccellenza della sua pittura, che sempre stupisce per la folgorazione del colore e la vitalità della sua materia, espressione tra le più alte dell’Informale europeo.
Emilio Vedova è stato uno degli artisti d’avanguardia più influenti del ‘900. Libero, dissidente, curioso e ribelle, ha tradotto nelle sue opere il suo impegno civile. Un intreccio per certi aspetti indissolubile che restituisce il profilo di un artista di altissimo talento e nello stesso tempo di una rara capacità d’essere dentro il farsi della storia. Difficile distinguere in lui il punto di caduta tra il suo essere uomo di militanza civile e il suo essere un grande pittore.
La mostra presenta al pubblico 31 grandi dipinti e 22 opere su carta dell’artista veneziano, per la maggior parte prestate dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova. Una decina di opere sono in prestito da collezioni pubbliche italiane come il Comune di Firenze – Musei civici fiorentini, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, il Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, e da alcune collezioni private.
«Il cortocircuito tra realtà e verità, tra bene e male, che il lavoro di Vedova porta magistralmente alla luce nel furore del suo particolarissimo astrattismo, è compito di questa mostra che approda in Valle d’Aosta a quasi cinquant’anni dall’esposizione “Emilio Vedova. Grafica e didattica”, presentata nell’estate del 1975 alla Tour Fromage, curata da Zeno Birolli e dallo stesso Vedova – commenta la curatrice, Gabriella Belli –; “Questa è pittura” vuole oggi aggiungere un tassello alla conoscenza dell’artista, attraverso un itinerario di approfondimento del suo lavoro diviso in otto tappe, che corrispondono a momenti in cui lo sforzo creativo si dibatte attorno a questioni esistenziali».
Il percorso espositivo si snoda nelle sale delle Cannoniere con una sequenza non strettamente cronologica, volta a sostenere la tesi dell’esposizione, indirizzata ad esplorare quei periodi/episodi della vita artistica di Vedova in cui – tralasciando il suo forte impegno civile e silenziando quella sua ben nota, carismatica voce di protesta davanti alle tragedie della storia e agli eventi della cronaca – l’artista sembra dedicarsi all’esercizio della pittura, lasciandoci così prove straordinarie di quella sua impetuosa energia creativa, che ha incontestabilmente segnato la pittura europea del secondo dopoguerra.
Nella Sala 1, intitolata Nascita di un pittore. I Maestri, è centrale il riferimento alla sua prima formazione artistica, non accademica, ma alimentata dalla lezione dei grandi pittori del passato, in particolare i veneziani Tintoretto, Veronese, Tiepolo, i cui testi erano alla sua portata nel girovagare, giovanissimo, tra calli e chiese della Laguna. La lezione cubista, che nel secondo dopoguerra allena alla geometria astratta la mano di molti pittori in Europa, fa parte della Sala 2 (Cercare una via), dove si possono ammirare almeno tre opere dal singolare costruttivismo geometrico.
Nella Sala 3 intitolata Astrazione per sempre, il visitatore può osservare una sequenza di opere che testimoniano il giuramento di fedeltà alla pittura astratta, non più con velleità geometriche, ma già gravida di gesto e materia, una aurora che contiene tutto il linguaggio della sua pittura.
Occupare lo spazio è il titolo della Sala 4, in cui l’invenzione forse tra le più interessanti della sua arte, quella dei Plurimi, si mostra nell’originalità di nuove forme dipinte, legni carichi di materia pittorica e assemblati con cerniere, strane e inquietanti costruzioni che occupano il centro della stanza, pittura che si fa tridimensionale e, deflagrando dalla parete, invade lo spazio.
Nella Sala 5 Lasciare libero il segno, Vedova si svela nell’esercizio del mestiere, nella preparazione dei grandi lavori, nella forza espressiva che anche le opere di piccole dimensioni – molte inedite – acquistano nel suo lavoro: lavori di compiuta, straordinaria vitalità che offrono la possibilità di studiare da vicino il suo processo creativo, l’esuberanza del segno, la simbologia dei colori.
Come se questo dolore fosse insopportabile è il titolo della Sala 6, che riporta il visitatore dentro quel “tragico esistenziale” che ha segnato tutto il percorso di Vedova. Il tragico è una cifra sempre presente nel suo lavoro, che nasce da una sensibilità emotiva che, come carne viva, freme ad ogni contatto con il dramma della vita.
Intitolata Vertigine Piranesi la Sala 7, accoglie il visitatore con tre opere magistrali dei primi anni Ottanta, dove la pittura si fa architettura di forme allucinate, urti della materia rosso sangue solcata da neri in netto contrasto, tagli e sporgenze, sciabolate di pasta cromatica che sembrano rievocare, in una subliminale esplorazione della memoria, le Carceri di Piranesi, un altro veneziano al pari suo aperto agli inganni della visione.
Circolare infinito è il titolo della Sala 8, tre grandi Tondi disallineati al centro della stanza mostrano, nell’impavido confronto con una delle più sacre forme geometriche della storia dell’arte, il cerchio appunto, l’irriverenza inquieta e geniale di un artista che ha sempre sfidato se stesso.
La mostra è corredata da un catalogo edito da 24 Ore Cultura.
L’esposizione è promossa dall’Associazione Forte di Bard in collaborazione con 24 Ore Cultura e Fondazione Emilio e Annabianca Vedova.
Inaugurazione
venerdì 29 novembre, alle ore 18.00