Dal 14 febbraio 2024, con tre nuove mostre all’insegna dei grandi classici senza tempo, CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino apre il suo programma espositivo per il 2024.
La tragica guerra civile spagnola, momento cruciale della storia del XX secolo, e il rapporto professionale e sentimentale fra Robert Capa e Gerda Taro sono il fulcro della mostra Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra che con oltre 120 fotografie racconta una stagione intensa di fotografia, guerra e amore.
Nella mostra Ugo Mulas / I graffiti di Saul Steinberg a Milano protagonista è la Milano del boom economico e le creazioni del grande illustratore e disegnatore Saul Steinberg immortalate da un giovane Ugo Mulas, mentre lo sguardo poetico sul Piemonte rurale di Michele Pellegrino offre storie di uomini, donne e montagne nella mostra Michele Pellegrino. Fotografie 1967-2023.
Accanto alle esposizioni temporanee, la Manica Lunga del Centro, ospita l’esposizione permanente La storia della fotografia nelle tue mani, una proposta originale, la prima in Italia per tipologia e concezione, che offe ai visitatori una lunga timeline con testi, immagini e materiale video, nata dalla volontà di consentire a tutte e tutti, anche alle persone non vedenti o ipovedenti, di fruire di testi, immagini e contenuti digitali.
Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra 14 febbraio – 2 giugno 2024
Un’altra grande mostra - dopo le personali dedicate a Eve Arnold, Dorothea Lange e André Kertész - che racconta con oltre 120 fotografie uno dei momenti cruciali della storia della fotografia del XX secolo, il rapporto professionale e affettivo fra Robert Capa e Gerda Taro, tragicamente interrottosi con la morte della fotografa in Spagna nel 1937. Fuggita dalla Germania nazista lei, emigrato dall’Ungheria lui, Gerta Pohorylle ed Endre – poi francesizzato André – Friedmann (questi i loro veri nomi) si incontrano a Parigi nel 1934, e l’anno successivo si innamorano, stringendo un sodalizio artistico e sentimentale che li porta a frequentare i cafè del Quartiere Latino ma anche ad impegnarsi nella fotografia e nella lotta politica. In una Parigi in grande fermento, invasa da intellettuali e artisti da tutta Europa, trovare committenze è però sempre più difficile. Per cercare di allettare gli editori, è Gerta a inventarsi il personaggio di Robert Capa, un ricco e famoso fotografo americano arrivato da poco nel continente, alter ego con il quale André si identificherà per il resto della sua vita. Anche lei cambia nome e assume quello di Gerda Tar.
L’anno decisivo per entrambi è il 1936: in agosto si muovono verso la Spagna, per documentare la guerra civile in corso tra i repubblicani e fascisti; il mese dopo Robert Capa realizzerà il leggendario scatto del Miliziano colpito a morte, mentre Gerda Taro scatta la sua immagine più iconica, una miliziana in addestramento, pistola puntata e scarpe con i tacchi, in un punto di vista inedito della guerra fatta e rappresentata da donne. Insieme a queste due icone, i fotografi realizzano tanti altri scatti, che testimoniano di una partecipazione intensa all’evento, sia dal punto di vista del reportage di guerra, sia da quello della vita quotidiana dei soldati, delle soldatesse e della popolazione drammaticamente vittima del conflitto. La Spagna è, infatti, in quegli anni una terra che attira molti intellettuali, scrittori e registi da tutto il mondo come Ernest Hemingway, immortalato in uno scatto di Capa, che racconterà l’esperienza della guerra civile spagnola nel suo capolavoro “Per chi suona la campana” oppure George Orwell che ne parlerà in “Omaggio alla Catalogna”.
Le loro fotografie vengono pubblicate sui maggiori giornali del tempo, da “Vu” a “Regards” a “Life”, conferendo alla coppia – che spesso firma con un’unica sigla, senza distinguere l’autore o l’autrice dello scatto – una solida fama e molte richieste di lavoro. Nel corso del 1936 e del 1937 i due si spostano tra Parigi e la Spagna, documentando ad esempio gli scioperi nella capitale francese e le elezioni del 1937, conclusesi con la vittoria del raggruppamento antifascista del Fronte Popolare. Ma anche il Convegno Internazionale degli Scrittori Antifascisti a Valencia, dove Taro fotografa personaggi come André Malraux, Ilya Ehrenburg, Tristan Tzara, Anna Seghers.
Proprio poco dopo la vittoria del Fronte Popolare, però, durante la battaglia di Brunete, in Spagna, il 24 luglio del 1937, Gerda Taro viene involontariamente investita da un carro armato e muore, chiudendo così tragicamente la vita della prima reporter di guerra. L’anno successivo, Robert Capa darà alla luce l’epocale volume Death in the Making, dedicato alla compagna, nel quale si trovano molte delle immagini visibili in mostra, di entrambi i fotografi.
L’intensa stagione di fotografia, guerra e amore di questi due straordinari personaggi è narrata nella mostra di CAMERA - curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi - attraverso le fotografie di Gerda Taro e quelle di Robert Capa, nonché dalla riproduzione di alcuni provini della celebre “valigia messicana”, contenente 4.500 negativi scattati in Spagna dai due protagonisti della mostra e dal loro amico e sodale David Seymour, detto “Chim”. La valigia, di cui si sono perse le tracce nel 1939 - quando Capa l’ha affidata a un amico per evitare che i materiali venissero requisiti e distrutti dalle truppe tedesche - è stata ritrovata solamente a fine anni Novanta a Mexico City, permettendo di attribuire correttamente una serie di immagini di cui fino ad allora non era chiaro l’autore o l’autrice.
La mostra si apre con una sala che introduce le figure di questi straordinari autori anche grazie a due documentari, The Mexican Suitcase (2011) di Trisha Ziff e Searching for Gerda Taro (2021) di Camille Ménager, di cui sono mostrati degli estratti particolarmente utili a fornire delle lenti di lettura utilizzate anche nella scelta delle opere esposte poi nelle sale successive. Dopo le immagini realizzate da Capa a Parigi, il percorso esplora la documentazione della guerra attraverso gli spostamenti e i focus dati da Capa e Taro, concludendosi con la pagina più straziante, quella della distruzione e della morte causata dal conflitto. La mostra, con il patrocinio dell’Accademia d’Ungheria in Roma, sarà accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore con testi dei curatori.
● Ugo Mulas / I graffiti di Saul Steinberg a Milano 14 febbraio – 14 aprile 2024
Nel 1961 Saul Steinberg realizza una straordinaria decorazione a graffito dell’atrio della Palazzina Mayer a Milano, su commissione dello Studio BBPR che ne seguiva la ristrutturazione. Un lavoro importante, che seguiva altre analoghe imprese compiute dal grande disegnatore e illustratore negli Stati Uniti nel corso del decennio precedente. A lavoro compiuto, Steinberg chiede a Ugo Mulas di testimoniare l’opera, nella sua interezza e nei particolari. Il fotografo era già noto per le sue immagini della Milano del dopoguerra, della sua periferia e delle sale d’aspetto della Stazione Centrale, ma soprattutto per i suoi scatti del Bar Jamaica, luogo di ritrovo in quegli anni per il mondo dell’arte milanese. Dal 1954 aveva iniziato a documentare la Biennale di Venezia e lavorare come fotografo e curatore di articoli d’arte e architettura per riviste come “Illustrazione Italiana”, “Rivista Pirelli”, “Domus” e “Novità” (la futura “Vogue”). Per aiutare Mulas nel suo lavoro, Steinberg redige un breve testo che spiega l’iconografia e il senso della sua opera, una riflessione sul labirinto a partire dalla Galleria Vittorio Emanuele di Milano, città nella quale aveva vissuto prima della guerra. L’artista decide per la prima e unica volta di lavorare sull’intonaco fresco, popolando i muri di personaggi e allegorie che affondano le proprie radici nella vita personale dell’artista - come l’immagine del gatto, “uno scherzo sul mio conto [...] un po’ un autoritratto” - ma anche nel mito e nella letteratura con figure come Don Chisciotte e Teseo.
Nel 1997 la palazzina sarà nuovamente ristrutturata, e i graffiti distrutti: oggi, di quello splendido intervento rimangono solo le fotografie di Ugo Mulas, capaci di restituire insieme il documento dell’opera e la sua interpretazione. La mostra nella Project Room di CAMERA racconta quella vicenda, riproponendo in scala l’intera decorazione a partire dalle fotografie di Mulas, in una puntuale ricostruzione dello spazio della Palazzina Meyer. Una selezione di una quindicina di fotografie – tutte vintage – permettono di entrare in profondità nel lavoro di questi due grandi rappresentanti dell’arte del XX secolo, di apprezzare la fantasia iconografica steinberghiana e la lucidità poetica dell’occhio di Mulas.
La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas di Milano ed è accompagnata da un volume edito da Dario Cimorelli Editore, curato da Dario Borso, autore del testo critico e della ricerca che ha permesso la ricostruzione di questo singolare episodio della cultura italiana del dopoguerra, contenente le immagini di Mulas e il dattiloscritto inviato da Steinberg al fotografo.
● Michele Pellegrino. Fotografie 1967-2023 14 febbraio – 14 aprile 2024
La mostra Michele Pellegrino. Fotografie 1967-2023, organizzata da CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino e Fondazione CRC con la curatela di Barbara Bergaglio e un testo di Mario Calabresi, si compone di 50 immagini del fotografo Michele Pellegrino (Chiusa di Pesio, CN, 1934). Una essenziale antologica dell’intero suo percorso creativo, tra montagne, ritualità, volti e momenti del mondo contadino, che narrano la passione di Pellegrino per la sua terra e per la fotografia. A completare l’esposizione, uno studio del paesaggio botanico e una selezione digitale dell’archivio completano l’esposizione.
La mostra si compone di cinque sezioni che costituiscono una sintesi del lavoro dell’autore nel corso della sua lunga attività professionale e artistica: Esodo. Storie di uomini e di montagne, Visages de la Contemplation, Scene di matrimonio, Le nitide vette e Langa.
Esodo. Storie di uomini e di montagne raccoglie alcune stampe dei reportage realizzati negli anni Settanta tra le valli cuneesi: ritratti di abitanti, mezzadri, malgari, uomini, donne, bambini, anziani, vissuti in condizioni durissime che hanno portato allo spopolamento della montagna e all’abbandono delle case alla ricerca di una vita migliore a valle.
Con Visages de la Contemplation si entra nel progetto artistico dedicato al tema della clausura. Parallelamente all’attività professionale, Pellegrino indaga questa realtà nascosta in cui viene ammesso gradualmente, conquistando fiducia e riuscendo a entrare, attraverso il passaparola, in conventi e abbazie italiane e francesi.
Scene di matrimonio nasce dai servizi fotografici di nozze, durante i quali, oltre alle fotografie ufficiali, Pellegrino fissa sulla pellicola momenti dei preparativi e della festa colti con simpatia e un pizzico di ironia: c’è la bella sposa fiera del suo abito, i camerieri sull’attenti, le damigelle in attesa, le coppie felici e i gruppi di famiglia dalla significativa prossemica.
Le fotografie dedicate alla montagna sono invece proposte nella sezione Le nitide vette, frutto di una selezione ancora più impegnativa, dati il grande numero e la grande qualità delle fotografie di tale soggetto presenti in archivio. Racconta Pellegrino che alcune di esse sono state il frutto di pazienti attese e lunghi appostamenti per cogliere la luce migliore e il momento giusto, mentre altri sono scatti realizzati al volo, rubati al tempo e al suo scorrere ineluttabile.
Langa è la sezione in cui si accenna a un territorio molto noto, raccontato attraverso poche, intense immagini, lontane dagli stereotipi sempre più associati a questo territorio, patrimonio Unesco.
Infine, in catalogo e in una teca in sala, tre fotografie di Michele Pellegrino sono utilizzate per accompagnare l’Atlante artistico botanico della flora e del paesaggio del Nord Italia. Dal punto di vista archivistico, è interessante constatare come un archivio fotografico, generalmente preso in considerazione per le sue connotazioni artistiche, possa invece diventare fonte documentaria per la disciplina scientifica.
La mostra si basa sulla catalogazione e sulla digitalizzazione effettuate da CAMERA sull’archivio del fotografo, che Michele Pellegrino ha donato alla Fondazione CRC nel 2017 nell’ambito del progetto Donare.
INFORMAZIONI
CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia
Via delle Rosine 18, 10123 - Torino www.camera.to
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Instagram/ @cameratorino
Orari di apertura (ultimo ingresso, 30 minuti prima della chiusura)
Lunedì 11.00 - 19.00
Martedì 11.00 - 19.00
Mercoledì 11.00 - 19.00
Giovedì 11.00 - 21.00
Venerdì 11.00 - 19.00
Sabato 11.00 - 19.00
Domenica 11.00 - 19.00
Biglietti
Ingresso Intero € 12
Ingresso Ridotto € 8, fino a 26 anni, oltre 70 anni