Tra i secondi spicca il rombo del Mediterraneo in due passaggi, cotto sull’osso e accompagnato da senape di Digione, olio EVO, timo e aglio e servito con cassolette di patate e cozze, ali di rombo e salsa al pepe. Torna in carta anche l’agnello in tre passaggi, in questa versione torta di spalla (insieme a mele cotogne, portulaca, aceto di ortiche e olio al prezzemolo), sella (con scalogno croccante acidulato e salsa périgueux moderna) e scottadito (accompagnato da salsa barbecue).
Per il dessert, l’ospite può scegliere di recuperare una memoria fanciullesca con il latte e cereali (latte in varie consistenze, cereali tostati e gelato ai cereali), oppure lanciarsi in esperimenti più arditi, come con l’indivia belga, servita sia in agrodolce che al naturale, con pompelmo candito, la sua melassa e gelato allo yogurt.
Accanto alla solidità del menù alla carta, Paternollo esplora possibili nuove dimensioni del gusto attraverso il percorso degustazione, sette portate a mano libera che ogni settimana cambiano a seconda della disponibilità delle primizie in arrivo nella dispensa di Pellico 3 e che si adattano al profilo del commensale con cui lo chef dialoga. Una cucina istintiva, costruita attorno al prodotto, lavorando di sottrazione, per restituirne l’essenza più autentica.
“Penso che il nostro ruolo, come cuochi, sia quello di ascoltare le emozioni dell’ospite e tradurle nel lavoro sulla materia prima” spiega Guido Paternollo. “I piatti devono innescare una memoria, generare familiarità, perché solo così possono arrivare subito al cuore di chi si siede a tavola”.
Un’esperienza, quella di Pellico 3, che combina il rigore e lo studio del gesto perfetto con una dimensione di piacevolezza e raffinata leggerezza nella sua esecuzione: merito di un team professionale, preparato ma giovane, come Lorenzo Alberti, head sommelier del fine dining - a capo di una cantina fondata sui pilastri dello Champagne, del Barolo e del Brunello - che ha appena ricevuto il Talent Prize di Grande Cucina nella categoria sala e sommelier.
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