MILANO, TEATRO MENOTTI: LO PSICOPOMPO CON MILVIA MARIGLIANO E DARIO DE LUCA

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Prima Milanese

Durata 60’

Produzione Scena Verticale con il sostegno di Cosenza Cultura e di BoCs Art Residenze D’artista


Scritto E Diretto Da Dario De Luca
Con Milvia Marigliano E Dario De Luca
Assistenza Alla Regia Gianluca Vetromilo
Spazio Scenico e Disegno Luci Dario De Luca
Suono Hubert Westkemper
Programmazione Max-Msp Mattia Trabucchi
Luci e Fonica Mario Giordano
Fonica Matteo Fausto Costabile

Allestimento Vincenzo Parisi

Assistente all’all’allestimento Rosy Perrotta

Costumi E Oggetti Di Scena Rita Zangari

Dal 3 al 7 aprile in prima milanese il testo scritto e diretto da Dario De Luca, in scena con Milvia Marigliano.

Un uomo e una donna, chiusi in casa, si confrontano sulla morte, sul desiderio di morte. Sia in maniera teorica che come fatto concreto. I due non sono estranei ma una coppia, un certo tipo di coppia, unita da un rapporto importante, intimo. Lui è un infermiere che, in maniera clandestina, aiuta i malati terminali nel suicidio assistito e lei è una professoressa in pensione. Il dialogo si dipana in una dialettica serrata ma placida, come una nevicata, anche intorno a riflessioni sulla musica classica, presenza costante nelle loro vite. I due, con i loro rapporti interpersonali complicati, già minati da una sciagura del passato che fa da sfondo alle loro vite, si troveranno a essere testimoni del mistero della morte e a contemplare l’abisso.

Testo vincitore del Premio Sipario Centro attori 2018

Premio Ubu 2019 “Miglior progetto sonoro” a Hubert Westkemper

Nomination a Milvia Marigliano come “Migliore Attrice”

 

 

Albert Camus diceva che giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta è rispondere al quesito fondamentale della filosofia. Ci sono persone che implorano misericordiosamente che venga posta fine alle loro esistenze minate dalla malattia, e ormai la “società civile”, in tutta coscienza, accoglie e accetta questo grido di aiuto che proviene da chi, tra mille dolori atroci, vive attaccato a delle macchine e non ne può più di un’esistenza senza speranza. questo avviene anche in Italia, dove il pensiero comune è un passo avanti alla legislazione vigente. Ma è la stessa cosa se il desiderio di porre fine ai propri giorni è espresso da chi è affetto da patologie psicologiche? Le patologie cliniche e quelle psicologiche hanno gli stessi diritti ai nostri occhi? Mi si dirà che le malattie appunto chiamate terminali portano alla morte, spesso tra grandi dolori e svilimento della dignità della vita, mentre i cosiddetti dolori dell’anima no. Ma i dolori dell’anima sono meno atroci di quelli fisici? E non sviliscono altrettanto la vita? In questo secondo caso, a chi la pensa in maniera diversa dalla mia, verrà facile parlare di suicidio o, in termini giuridici, di omicidio del consenziente. può darsi. Ne “Lo psicopompo” si parla di volontà di morire, quindi di suicidio, anzi, più precisamente di eutanasia attiva, visto che la protagonista non compie da sola l’atto finale di togliersi la vita, ma lo delega a soggetti terzi. il suicidio, nella percezione comune, rimane lo scandalo supremo, il gesto inaccettabile. Il diritto lo ha giudicato per molto tempo un reato, la religione lo considera peccato, condannandolo come atto di apostasia; la società lo rifiuta, tendendo a sottacerlo o a giustificarlo con la follia, quasi fosse l’aberrazione antisociale per eccellenza. Ma è la stessa cosa se il desiderio di porre fine ai propri giorni è espresso da chi è affetto da patologie psicologiche? Le patologie cliniche e quelle psicologiche hanno gli stessi diritti ai nostri occhi? Mi si dirà che le malattie appunto chiamate terminali portano alla morte, spesso tra grandi dolori e svilimento della dignità della vita, mentre i cosiddetti dolori dell’anima no, ma i dolori dell’anima sono meno atroci di quelli fisici? E non sviliscono altrettanto la vita? In questo secondo caso, a chi la pensa in maniera diversa dalla mia, verrà facile parlare di suicidio o, in termini giuridici, di omicidio del consenziente. può darsi. Ne “Lo psicopompo” si parla di volontà di morire, quindi di suicidio, anzi, più precisamente di eutanasia attiva, visto che la protagonista non compie da sola l’atto finale di togliersi la vita ma lo delega a soggetti terzi. Io penso che il suicidio sia semplicemente un metodo mediante il quale possiamo trasformare il morire da una casualità ad una scelta. Come ogni atto che compiamo nella vita, l’atto che vi pone fine non riguarda la medicina, mentre riguarda moltissimo l’anima. come dice JamesHillman anziché spiegare il desiderio di morire liquidandolo, chiediamo di comprenderlo un po’ meglio.

Dario De Luca

 

3 | 7 aprile

 

STAGIONE 2023 | 2024

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TEATRO MENOTTI

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Dal lunedì al sabato dalle ore 14.00 alle ore 18.30, dalle 19.00 alle 20.00 solo nei giorni di spettacolo

Domenica ore 14.30 | 16.00 solo nei giorni di spettacolo

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Dal martedì al sabato ore 20

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Lunedì riposo

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