Intorno al carteggio Luigi Pirandello/Marta Abba
di Katia Ippaso
con Elena Arvigo
regia Arturo Armone Caruso
assistente alla regia Giulia Dietrich/musiche originali MariaFausta/scene Francesco Ghisu/disegno luci Giuseppe Filipponio/image designer Elio Castellana
produzione Nidodiragno/CMC
Riprogrammato dopo la cancellazione nella stagione 2019/20 a causa della pandemia, arriva sul palco del Gerolamo la storia dell’amore complicato e profondo tra Luigi Pirandello e Marta Abba, attraverso la ricostruzione di Katia Ippaso che ha lavorato con sensibilità al carteggio durato 10 anni. In scena Elena Arvigo, diretta da Arturo Armone Caruso.
“Non domandarmi di me, Marta Mia” si situa in un preciso punto del tempo, il 10 dicembre del 1936, data della morte di Luigi Pirandello, e in un preciso punto dello spazio, New York, dove Marta Abba stava recitando al Plymouth Theatre di Broadway. Quella sera, dopo aver fatto al pubblico l’annuncio dell’improvvisa scomparsa di Pirandello alla fine dello spettacolo, Marta Abba si trova da sola nella sua camera di Manhattan, non molto distante dalla Fifth Avenue, di fronte alla cattedrale di St. Patrick. Legge l’ultima lettera che Pirandello le aveva scritto, solo sei giorni prima della morte, nella quale non accennava minimamente alla sua malattia.
Nella calma allucinata di quella notte, dopo la rappresentazione, Marta si trova a dover fare i conti con il suo passato. L’attrice ha portato con sé le lettere che negli anni le ha scritto Pirandello dal 1926 al 1936 ma anche quelle che lei aveva indirizzato al suo Maestro. Le sparge sul letto e sul pavimento, vi si immerge e rievoca così la loro storia, la storia di un rapporto elettivo, agli altri segreto e in una qualche forma incomprensibile, “un fatto d’esistenza”, annotava Pirandello in una lettera del ’29.
Rispetto al personaggio forte e risoluto del carteggio, emerge in Marta Abba, col favore delle tenebre, una nota di vulnerabilità, una maggiore solitudine di donna. L’irruzione improvvisa della morte non può non influenzare l’interpretazione del passato, facendo vacillare le certezze e portando la protagonista a farsi delle domande che non si era mai fatta prima. E’ una notte di veglia, in cui si fa vivo non solo il fantasma di Pirandello ma vengono chiamate a raccolta anche le immagini fantasmate di tutte le eroine pirandelliane (dalla Tuda di “Diana e la Tuda” alla Donata Genzi di “Trovarsi”, fino alla contessa Ilse de “I giganti della montagna”) che il grande scrittore aveva inventato per lei, per la sua Marta. (Katia Ippaso)
Note di regia
Nell’oscurità una presenza sonora, incandescente. New York, gli anni trenta, la “città all’impiedi” di Céline. Una lanterna magica accende vorticose immagini notturne, quasi un divertissement, ma minaccioso. Un teatro d’ombre, la città in movimento, lettere, foto in bianco e nero, estratti filmati, nuvole che si addensano. Anche la camera dell’albergo newyorkese di Marta Abba è un caleidoscopico comporsi e scomporsi di forme: inquadrature che inseguono il fluire del testo e della tessitura musicale. Dall’ombra emerge come in un lampo, fascinosa, l’attrice: Marta Abba.
“E’ giovanissima, di meravigliosa bellezza. Capelli fulvi, ricciuti, pettinati alla greca. La bocca ha spesso un atteggiamento doloroso, come se la vita di solito le desse una sdegnosa amarezza; ma se ride, ha subito una grazia luminosa, che sembra rischiari e avvivi ogni cosa”. L’amarezza e la gioia, il fantasma e la realtà, il personaggio e la maschera. Nella notte, precipitati “d’improvviso, brutalmente in un’altra era, in un altro tempo, più tenebroso”, chi è che ci parla? Pirandello attraverso Marta Abba o Marta Abba attraverso Pirandello? L’uno e l’altra. Incarnati.
In un viaggio notturno attraverso i passaggi di una corrispondenza dalla quale affiora pulsante l’emozione, l’attrice, dando una precisa tonalità orfica al testo, fa emergere il lungo, intenso e per tanti versi doloroso rapporto tra Pirandello e la sua attrice musa, Marta Abba.
I temi dell’impossibile fusione amorosa, del senso dell’arte, di cosa si vale realmente, dalla vecchiaia inesorabile, della morte e della forma, anche quella dell’arte, che soffoca la vita irrompono sulla scena lasciandoci al termine dello spettacolo con il sentimento di una irrimediabile perdita, di una minaccia incombente.
Luigi Pirandello e Marta Abba si allontanano all’infinito nella glaciale notte newyorkese, alla frontiera tra la vita e la morte, all’alba dell’immane catastrofe, di un’epoca buia che lo stesso Pirandello sentiva avvicinarsi. (Arturo Armone Caruso)
Sabato 27 alle ore 20 e domenica 28 novembre 2021 ore 16 al Teatro Gerolamo
durata spettacolo: 60 minuti
ORARI: sabato ore 20.00 – domenica ore 16.00
PREZZI: da 10 a 25 euro
INFORMAZIONI e PRENOTAZIONI
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TEATRO GEROLAMO
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