MILANO, TEATRO MENOTTI: ANFITRIONE

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Al Teatro Menotti di Milano la riscrittura di Teresa Ludovico della commedia plautina

Le vicende di uomini e divinità per raccontare il duello tra identità e ruolo sociale

Produzione Teatri di Bari | Kismet

Regia e drammaturgia Teresa Ludovico
Musiche M° Michele Jamil Marzella
Eseguite dal vivo da M° Francesco Ludovico
Spazio scenico e luci Vincent Longuemare
Coreografia Elisabetta Di Terlizzi
Costumi Teresa Ludovico e Cristina Bari
Collaborazione letteraria Lucia Pasetti
Cura della produzioneSabrina Cocco


Con Michele Cipriani, Irene Grasso, Demi Licata, Alessandro Lussiana, Michele Schiano di Cola, Giovanni Serratore

Durata: 80 minuti

Dall’antica Tebe a un Sud bollente e schizofrenico, per raccontare un tema contemporaneo nel 206 a.C come ai giorni nostri: il rapporto tra identità e ruolo sociale. È il fil rouge da cui muovevano le vicende di un doppio mondo - umano e divino - nell’Amphitruo di Plauto;in scena al Teatro Menotti il 21 e 22 marzo.

Nella pièce,Giove, dopo essersi trasformato nelle più svariate forme, decide per la prima volta di camuffarsi da uomo, assume le sembianze di Anfitrione e lo allontana da casa per giacere con sua moglie Alcmena, e generare con lei Ercole, il semidio… Da questo preambolo si generano le domande che, come 2000 anni fa nell’opera del commediografo latino, emergono in scena: chi sono io se non sono io? Quando guardo il mio uguale a me, vedo il mio aspetto, tale e quale, non c’è nulla di più simile a me! Io sono quello che sono sempre stato? Dov’è che sono morto? Dove l’ho perduta la mia persona? Il mio me può essere che io l’abbia lasciato? Che io mi sia dimenticato? Chi è più disgraziato di me? Nessuno mi riconosce più e tutti mi sbeffeggiano a piacere. Non so più chi sono!

E così, con un gioco vorticoso di scambi, di scherzi, di falsi e di malintesi, emerge il duello tra identità e ruolo sociale, nel caos di una coralità multiforme composta dai sei attori in scena - Michele Cipriani, Irene Grasso, Demi Licata, Alessandro Lussiana,Michele Schiano di Cola e Giovanni Serratore - che si muovono sul palco guidati dalle musiche del maestro Michele Jamil Marzella e dalle coreografie di Elisabetta Di Terlizzi. Non a caso fu proprio Plauto a inventare il termine ‘sosia’, non nell’accezione moderna di persone con grande somiglianza fisica, ma in quella di appropriazione dell’identità grazie alla persuasione e all’inganno. Lo spazio scenico e le luci sono curati da Vincent Longuemare.

Chi sono io se non sono io? Quando guardo il mio uguale a me, vedo il mio aspetto, tale e quale, non c’è nulla di più simile a me! Io sono quello che sono sempre stato? Dov’è che sono morto? Dove l’ho perduta la mia persona? Il mio me può essere che io l’abbia lasciato? Che io mi sia dimenticato? Chi è più disgraziato di me? Nessuno mi riconosce più e tutti mi sbe­ffeggiano a piacere. Non so più chi sono!

Queste sono alcune delle domande che tormentano sia i protagonisti dell’An­fitrione, scritto da Plauto più di 2000 anni fa, che molti di noi oggi. Il doppio, la costruzione di un’identità fittizia, il furto dell’identità, la perdita dell’identità garantita da un ruolo sociale, sono i temi che Plauto ci consegna in una forma nuova, da lui definita tragicommedia, perché gli accadimenti riguardano dei, padroni e schiavi. In essa il sommo Giove, dopo essersi trasformato nelle più svariate forme animali, vegetali, naturali, decide, per la prima volta, di camuff­arsi da uomo. Assume le sembianze di Anfitrione, lontano da casa, per potersi accoppiare con sua moglie, la bella Alcmena, e generare con lei il semidio Ercole. Giove-Anfitrione durante la notte d’amore, lunga come tre notti, racconta ad Alcmena, come se li avesse vissuti personalmente, episodi del viaggio di Anfitrione. Durante il racconto il dio provò, per la prima volta, un’ilarità che poi si premurò di lasciare in dono agli uomini. “Abbandonato il regno delle metamorfosi, si entrava in quello della contraff­azione” Incipit Comoedia (R. Calasso). “Aprite gli occhi spettatori, ne vale la pena: Giove e Mercurio fanno la commedia, qui” (Plauto). Da quel momento nelle rappresentazioni teatrali il comico e il tremendo avrebbero convissuto e avrebbero specchiato le nostre vite mortali e imperfette. Dopo Plauto in tanti hanno riscritto l’Anfitrione e ciascuno l’ha fatto cercando di ascoltare gli stimoli e le inquietudini del proprio tempo. Ho provato a farlo anch’io.

Teresa Ludovico

 

21 | 22 marzo

 

STAGIONE 2022 | 2023

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TEATRO MENOTTI

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