Cultura tra pietre e mattoni: archeologia e castelli in Valle d’Aosta
Mentre tutto intorno la natura si risveglia, c’è qualcosa in Valle d’Aosta che ci racconta da secoli innumerevoli una terra dalla straordinaria stratificazione culturale: testimonianze incastonate nelle pietre e nelle architetture che sorvegliano la Valle da seimila anni.
All’ombra delle Alpi che qui, in Valle d’Aosta, si spingono in alto come in nessun’altra regione d’Italia e d’Europa, ogni città, borgo, o villaggio parla di sé e della sua storia. Una storia che si legge nella cucina, nelle tradizioni, nel sapiente artigianato che riempie le vetrine di negozi e botteghe, negli occhi e nelle parole di chi da queste parti è di casa.
Ma oltre alla loro voce, arriva forte e chiara anche la testimonianza delle pareti che costeggiano le strade ciottolate al fondo delle quali c’è sempre uno spazio verde, quello della montagna che comincia a risvegliarsi. È solo una delle migliaia di primavere che si ripetono sempre uguali eppure sempre diverse, da queste parti, e che incantano oggi come incantavano ieri.
Ed è proprio questa la stagione ideale per scoprire una volta di più le meraviglie dell’arte, dell’archeologia e dell’architettura che questa terra ha da offrire. Dai siti preistorici di Aosta e del Piccolo San Bernardo alla romanità che trasuda da ogni parte nel capoluogo, fino ai castelli di medioevo e rinascimento, affreschi di civiltà che tornano in vita e si raccontano ogni volta che si attraversano gli ambienti che ci hanno lasciato. Andiamo a scoprire più da vicino questo universo fatto di pietra e mattoni, di arte e potere, di visioni del mondo espresse e raccontate attraverso l’architettura.
Tra astronomia e archeologia: l’Area megalitica di Aosta e il Cromlech del Piccolo San Bernardo.
La storia della Valle d’Aosta si perde nella notte dei tempi: i primi insediamenti umani di cui si abbiano tracce, infatti, risalgono addirittura al mesolitico, ai piedi del Mont Fallère, in un’epoca tanto lontana quanto affascinante.
Il sito del Cromlech (dal gallese “cerchio di pietra”) al passo del Piccolo San Bernardo rappresenta una testimonianza preziosa della presenza dell’uomo in queste hautes terres fin dalla preistoria. Difficile datare questa Stonehenge ai piedi del Monte Bianco, così come è difficile interpretarne il significato. Quel che è certo è che si trattava di un importante luogo di culto, sacro, oltre a chiunque l’abbia realizzato, anche a Celti, Romani, e Cristiani.
Tra le ipotesi più affascinanti, quella che si tratti di un osservatorio astronomico (il che avrebbe senso, consideriamo che ci troviamo in alta montagna, a 2188 m di quota e che da qui il cielo stellato appare incantevole), che vorrebbe la pietra più grande dell’intero complesso posta nel punto esatto in cui il sole si trova a mezzogiorno nel giorno del solstizio d’estate. Insomma, per il prossimo 21 giugno, sapete cosa fare.
Il sito preistorico valdostano più importante è però l’Area megalitica di Aosta. Venuta alla luce nel 1969, l’Area può essere vista come un percorso a ritroso prima nei secoli, poi nei millenni, che attraversa epoche e significati di un luogo che, già 6000 anni fa, era sacro alle popolazioni preceltiche della Valle.
Dalla vicina chiesetta romanica di San Martino, si giunge fino alle testimonianze preistoriche di vita agricola con la straordinaria aratura propiziatoria datata alla fine del V millennio a.C., per arrivare alle stele antropomorfe dell’Età del Rame, e continuare con i dolmen funerari dell’Età del Bronzo per approdare, quindi, al grande tumulo funerario dell’Età del Ferro (I millennio a.C.) con il suo piano di calpestio originale. La successiva epoca romana è illustrata da oltre 700 reperti che raccontano di un vivace suburbio di campagna con una fattoria, la strada e, ai suoi lati, un’estesa necropoli da cui provengono corredi ricchi e significativi come, ad esempio, quello della cosiddetta Tomba dello Scriba.
Aosta, una piccola Roma tra le Alpi
È proprio vero che ad Aosta tutto parla di Roma, a cominciare dal nome stesso della città, quella Augusta Prætoria fondata da Ottaviano Augusto nel 25 a.C. lungo la via delle Gallie. In cinque secoli di romanità, proprio in virtù della sua posizione di crocevia delle Alpi, Aosta fu tra i centri più vivaci e ricchi dell’Impero in Occidente: escludendo la Capitale, non esiste città nello Stivale che, in uno spazio così ristretto, possa vantare altrettanti resti di epoca romana.
Arrivando da est, ad esempio, ci danno il benvenuto prima l’antico Ponte di Pietra sul torrente Buthier e poi l’Arco di Augusto, eretto per celebrare la vittoria dell’Imperatore sulla popolazione locale dei Salassi. Decisamente imponente la cinta muraria che culmina nella Porta Prætoria, principale accesso alla città situata poco lontano dal Teatro romano, che poteva contenere fino a 4000 spettatori (nb: il teatro non sarà visitabile fino a maggio 2025, ma la sua imponente struttura è apprezzabile anche dall’esterno).
Il cuore di Aosta romana è, senz’altro, il foro, situato proprio accanto all’attuale Cattedrale e contraddistinto da un affascinante criptoportico, articolato in tre bracci disposti a ferro di cavallo e internamente diviso in due navate voltate a botte con una sequenza centrale di archi ribassati. In epoca romana questo edificio seminterrato aveva, innanzitutto, una funzione edile per contenere e sostenere la terrazza sopraelevata su cui sorgevano i due templi gemelli dedicati a Roma e ad Augusto divinizzato; Nel medioevo, invece, queste gallerie furono utilizzate come cantine, in quello che venne successivamente denominato “Marché des Romains”.
Medioevo e Rinascimento sulle orme degli Challant
Dire Valle d’Aosta, associandola ai secoli del basso Medioevo e del Rinascimento, vuol dire parlare, per forza di cose, della famiglia più potente di tutto il territorio: gli Challant. Per conto dei Savoia, poterono amministrare per secoli la Valle d’Aosta in grande autonomia, lasciando tracce che ci raccontano di loro ancora oggi, a cominciare dalla bandiera attuale della regione, che richiama con il rosso e il nero i colori araldici del casato. Ma molto, molto di più nel mondo delle arti. Gli Challant furono infatti i committenti di alcune delle più ambiziose imprese artistiche e architettoniche che impreziosiscono il fondovalle valdostano.
Tra queste, non si può che partire da Fénis: il castello più famoso della Valle d’Aosta, un vero e proprio gioiello che combina la tradizionale funzione difensiva della fortificazione medievale alle connotazioni di una dimora signorile. L’aspetto attuale del castello, frutto di stratificazioni secolari, è da attribuire in gran parte ad Aimone di Challant, capostipite del ramo familiare che da Fénis prende il nome, e a suo figlio Bonifacio I, che tra XIV e XV secolo conferirono al maniero il suo riconoscibile profilo pentagonale. Gli affascinanti affreschi del cortile centrale, tra i quali il meraviglioso San Giorgio della scuola di Giacomo Jaquerio, sono una prova tangibile del potere della famiglia, che si racconta ancora lungo la balconata del primo piano, attraverso massime morali e proverbi scritti in francese antico su pergamene tra le mani di saggi.
Anche ad Aosta stessa, nei pressi della chiesa dei Santi Pietro e Orso, proprio accanto al notevole chiostro del XII secolo di cui vi invitiamo a notare le decorazioni scolpite dei capitelli, a fine Quattrocento un importante esponente di casa Challant, il priore Giorgio, fece erigere una elegante residenza che rappresentasse il potere della famiglia anche in città. In una intrigante commistione di tardo-gotico e rinascimento, Giorgio di Challant fece realizzare una raffinata residenza ricca di richiami stilistici di area piemontese. Il committente ci appare, inginocchiato in preghiera, negli affreschi della cappella di San Giorgio, tra la scena eroica del Santo che uccide il drago e salva la principessa, e quella dell’Annunciazione.
A Giorgio di Challant è anche dovuta la costruzione del castello d’Issogne, dimora rinascimentale della famiglia contraddistinta da una forma a ferro di cavallo, con al centro del cortile la suggestiva fontana del Melograno. Tra le arcate del loggiato, non smettono di meravigliare le scene di genere, fotografie preziose della vita quotidiana delle persone comuni in Valle d’Aosta tra XV e XVI secolo.
Mercati, giochi da tavolo, botteghe e mestieri congelati nel tempo e giunti fino a noi grazie a questo luogo magico che incanta da secoli i visitatori, come si può leggere nei graffiti da loro lasciati. Gli appartamenti del castello sono invece un tripudio di sfarzo e magnificenza che celebrano la gloria della famiglia, e ritroviamo ancora Giorgio, in preghiera ai piedi della Croce, negli affreschi del suo oratorio privato.
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