La collezione Romeo Gigli SS_2022 rivela un cuore inedito, dove assieme alla sostanza narrativa palpita il valore dell’opera riflessiva: al centro brilla l’ambivalenza del femmineo e maschile, protagonisti di una storia di stile che inizia nell’intrigo della contraddizione, si ibrida con fonti inaspettate d’eleganza nella suggestione, e si sublima nella delicatezza sartoriale della conciliazione. Evoluzione che Alessandro De Benedetti traccia dipanando il filo dell’ispirazione lungo un intenso itinerario d’esplorazione.
Dallo scrigno di memorie e passioni personali trae i riferimenti che allestiscono lo scenario: nell’amata cinematografia trova il film “Picnic a Hanging Rock” in cui s’inebria dell’innocente candore femminile delle tuniche virginali d’inizio ‘900, nella fantasia dei miti evocativo di Riyoko Ikeda scorge i personaggi che indossano l’ambiguità di genere nelle vesti da cavaliere di fine ‘700. Dalle rievocazioni figurative espande l’immaginario oltre la superficie visiva e lo purifica con la riflessione cerebrale: nella scherma d’epoca percepisce l’alchimia di sofisticatezza e rigore disegnata nelle divise maschili che corazzano il corpo mentre donano eleganza al movimento; nell’emozione della fierezza d’animo scopre la forza della sintesi formale, per spogliare gli abiti dell’opulenza e donare pulizia nobile alla creazione strutturale.
Di dettaglio in dettaglio, tutti gli elementi imbastiscono il racconto di una nuova ricerca di bellezza che si apre oltre le distinzioni sessuali e sboccia in raffinate composizioni attuali. Di capo in capo, tutta la collezione compone l’armonia di un guardaroba trasversale: le epoche si mescolano nell’incontro atemporale, i rimandi maschili e femminili si contrappongono nell’interno lavorato con minuzia e si celebrano nell’esterno sensuale che accoglie le identità sartoriali.
Avvolta nella segretezza interiore degli abiti, si compie la trasformazione. Il dualismo avviene nelle giacche, che nate dalla costruzione maschile s’ammorbidiscono nella grazia femminile: come ne “Il Cavaliere” in cui la struttura solida è tranciata in due e poi raccolta dalla gentilezza del macro-volant in macramé arricciato; come ne “Il Conte di Fersen” dove il laccetto è l’indizio del corsetto cucito sulla schiena per plasmare la silhouette armoniosa. Si manifesta nella contraddizione del volume gonfio di quella che sembra una gonna, ma cela la verità maschile del macro-pantalone con la patta dal taglio stondato. S’indovina nelle impunture, nei plastron in canapé, nelle elasticature a nido d’ape accucciate nei lati nascosti degli abiti e nei sotto-manica: particolari sottratti alla divise maschili di epoche passate, insieme agli intarsi che richiamano le fasce della scherma e la necessità di abbracciare il petto per proteggerlo, fino a nasconderlo in un’austerità di facciata che si scioglie nel fascino del retro profondamente scollato.
Svelato dalla semplicità esteriore delle stoffe, si realizza l’incanto della purificazione.
I tessuti vengono dalla natura, alcuni hanno origine eco-sostenibile, tutti rafforzano l’intenzione di disegnare una nuova eleganza quotidiana: cotoni puri e misti al lino, sete comasche, mikado, voile leggerissimi, la juta grezza delle doppie baschine e del sottocollo lavorato a mano in frange che si muovono in una danza esotica; il denim dei jeans di una volta smontati e riassemblati nel completo de “Il Cacciatore”; il cotone ricamato con minuti trafori floreali che sembra pizzo; la tundra di seta che nella sua rigida ruvidezza sorregge l’ampiezza nobile delle gonne, come in “Maria Antonietta”. Alla stessa intenzione partecipano i colori: il candore del bianco si mischia alla corda e si contrasta col nero profondo, il lime tenue delle pareti di Versailles s’accorda al geranio fluorescente.
La presenza dell’arte di Romeo Gigli si deposita come essenza viva, sottile, preziosa, attraverso le trame dell’ispirazione e i gesti della lavorazione: compare nella forma di tulipano che plasma le gonne, e nei gilet minuti che puntellano gli outfit; guida la meraviglia delle pieghe che danno vita alle camicie come in “Origami”; riporta dal passato l’iconica giacca-cappa con abbottonatura maschile reinterpretata nella schiettezza del lino-seta lavato; instilla le atmosfere storiche immaginifiche abitate da donne che dalle visioni preraffaellita e bizantina risalgono a suggestioni ancestrali del mondo.
Costruzioni di pensiero e manifattura che compongono una collezione intrisa sempre di sofisticatezza insieme a una nuova concretezza: un guardaroba vario, dove la bellezza è distribuita in ogni momento quotidiano, così il sogno si fa abito da indossare dalle prime luci dell’alba fino al calar della sera.