MILANO, TEATRO DELLA COOPERATIVA: SENZA MOTIVO APPARENTE

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prima nazionale

scritto e diretto da Chicco Dossi

con Christian La Rosa

un progetto di Christian La Rosa

disegno luci Victoria De Campora

collaborazione drammaturgica Camilla Bassetti
consulenza esterna Renato Sarti

produzione Teatro della Cooperativa

INSERITO IN INVITO A TEATRO

Dal 15 al 19 gennaio Il Teatro della Cooperativa presenta nella sala di Via Hermada la nuova produzione firmata e diretta da Chicco Dossi, Senza motivo apparente (prima nazionale), un progetto di e con Christian La Rosa. Dopo aver narrato il caso Tortora nello spettacolo Nell’occhio del labirinto, il giovane autore mette in scena il monologo inchiesta sull’omicidio di Amedeo Damiano dopo più di 35 anni.

Fine anni ‘80. Un piccolo paese di provincia nell’Italia settentrionale.

Il dottor A., dirigente pubblico dell’Ospedale Civile, sta attraversando Saluzzo, una cittadina di portici, geometrie, e cioccolato buono, per tornare a casa.

Nell’androne del suo palazzo sono appostati due uomini.

Varcata la soglia dell’edificio, gli uomini escono allo scoperto. Sparano.

Un tentativo di avvertimento finito male? Un’intimidazione? Un regolamento di conti? E poi, perché? Il dottor A. non è un piantagrane. Non ha nemici. Non sembra, almeno. Nessuno, in città, sembra sapere qualcosa. O forse si sa, ma non se ne vuole parlare.

Senza motivo apparente è una storia di mafia, ma anche di provincia, di rapporti di potere all’interno di una comunità. È il racconto di una città, che fa il suo ingresso nel boom economico e nei problemi dettati da un mondo, che vede i suoi confini crollare davanti all'arrivo della contemporaneità.

Credo che cercando con attenzione nella storia recente del nostro Paese, si possano reperire pagine eroiche di una Resistenza “moderna”. Credo che la vicenda umana di Amedeo Damiano possa essere una di queste. Una storia sconosciuta ai più, forse dimenticata, passata in sordina, accantonata perché poco sensazionale o perché troppo scomoda. Ripercorrendone però le fila e districandosi tra le storie dei protagonisti, tra gli intrighi politici ed economici, tra i vari processi e gli infiniti intoppi burocratici, si percepisce subito che dietro alla morte insensata di quest’uomo si nasconde qualcosa di “grosso”, qualcosa macchiato di connivenza nei confronti degli atteggiamenti di carattere mafioso. Qualcosa di troppo vergognoso da rispolverare(e riscoprire), se non in rare e sporadiche occasioni, spesso di comodo e velate da un patriottismo di maniera.

Storie. Più o meno conosciute. Più o meno ricordate. Alcune di più, altre di meno. Storie di vittime. E le vittime sono tutte uguali, o forse no? Le vittime sono senza orientamento politico, o forse no? Le vittime hanno tutte la stessa importanza. E allora perché tanto silenzio?

Saluzzo è piccola e pacifica. Qui non siamo a Palermo, o a Catania, o in altri luoghi in cui stereotipicamente radichiamo la mafia. Siamo lontani dal Vesuvio. Qui ci sono i portici, le geometrie e il cioccolato, quello buono. Qui non succedono mai incidenti… però è vero. È tutto vero. E subito è nata in me la necessità di raccontare questa storia, anche se lontana dalle grandi città. Proprio perché soffocata dal perbenismo muto della provincia, era giusto rendere questa storia viva, presente e genuinamente italiana. Un episodio che riflette ancora oggi l’andamento del nostro Paese, in cui aleggia sempre la paura che la libertà promessa dalla nostra Costituzione sia pilotata da interessi personali così forti, così sicuri di sé, da potersi permettere di scavalcare qualsiasi forma di legalità. Un Paese dove si preferisce dimenticare il passato per ripeterlo senza rimorsi.

Questo è il motivo per cui, quando Giovanni Damiano, figlio maggiore di Amedeo, e la Consulta provinciale Giovanile di Saluzzo mi hanno chiesto di occuparmi di un evento cittadino per ricordarlo nel trentennale della sua scomparsa, ho risposto subito con grande entusiasmo, utilizzando l’unica "arma" a mia disposizione: il teatro.

Senza la pretesa di voler dare risposte, ma con la sola convinzione di dover tenere vivo il ricordo nella Memoria.

Christian La Rosa

Quello di Amedeo Damiano è il primo omicidio politico italiano nel campo della sanità. La fine degli anni ‘80 è un crocevia per molte realtà: la globalizzazione spinge prepotentemente le piccole comunità fuori dai loro confini, le promesse di benessere sono una delle molle principali della società, comincia a delinearsi un mondo novecentesco proiettato verso il nuovo millennio.

Soprattutto, questo è il periodo della nascita della sanità privata: le cure mediche sono ora competenza dello Stato e quindi virtualmente accessibili a tutta la cittadinanza. Ma è proprio questo momento liminale che inevitabilmente porta con sé un vuoto normativo all’interno del quale i baroni della medicina si aggrappano a ogni appiglio per mantenere i propri privilegi: visite gratuite pagate in nero, favori in cambio di mance, e un generale clima di clientelismo e signoraggio che strizza l’occhio alla malavita sono presto normalizzati e accettati. Un vaso di Pandora che Amedeo Damiano individua e denuncia.

Se all’apparenza la base fattuale (“tratto da una storia vera”, come si suol dire) potrebbe essere una freccia nella faretra di chi vuole raccontare questa storia, in realtà cela dietro di sé una grandissima insidia.

Gustav Mahler sosteneva che la tradizione non dev’essere culto delle ceneri ma custodia del fuoco.

Anche quando parla di Memoria Storica, il teatro non può e non deve parlare solo di Storia. È difficile scostarsi completamente da questa tentazione: quando un fatto storico ci sembra notevole, esemplare o anche solo interessante, è molto facile credere che la portata simbolica risieda intrinsecamente nella Storia stessa. Il pericolo è evidente: una sterile restituzione mimetica dell’evento su un palcoscenico, spogliato di ogni carica di significato. Un racconto annalistico che si trincera dietro alla verità storica nel momento in cui la sua forza tematica viene meno. Un culto delle ceneri, appunto.

L’operazione più difficile per uno spettacolo di teatro civile – e ancora di più per un monologo, nel quale la verbosità e l’aneddoto fine a sè stesso possono essere facilmente utilizzati per trascinarsi pigramente attraverso lo svolgimento, illudendosi di dare corpo alla narrazione quando invece la si annacqua.

Incastonare la cronaca nella drammaturgia e limarne gli spigoli, senza lasciarla affondare nella cronaca né lasciarla sporgere artificiosamente nel tentativo di renderla emblematica: come una pietra di inciampo, la Storia deve fungere da testimone nell’economia del testo orientando e sorreggendo l’impalcatura drammaturgica.

Rifuggendo da semplicistiche riflessioni sulla mafia e sulla dicotomia buoni/cattivi o giusti/ingiusti, Senza motivo apparente si sforza di «custodire il fuoco» restituendo l’immarcescimento di una società, attraverso le corruzioni sociali, psicologiche, economiche che portano una piccola cittadina a incancrenirsi in una piaga di omertà e connivenza nei confronti della violenza.

Chicco Dossi

CARTELLINO VERDE

Stagione 2024|2025
TEATRO DELLA COOPERATIVA
via privata Hermada 8 – Milano – info e prenotazioni- Tel. 02 6420761 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.-www.teatrodellacooperativa.it

BIGLIETTERIA

da martedì a venerdì 17.00 – 19.00

sabato 18.00 – 20.00 (nei giorni di replica)

domenica 15.00 – 16.30 (nei giorni di replica)

Il ritiro dei biglietti potrà essere effettuato fino a 30 minuti prima dell’inizio dello spettacolo.

I biglietti sono acquistabili anche online sul circuito Vivaticket.

ORARI SPETTACOLI

martedì, mercoledì, venerdì e sabato ore 20:00

giovedì ore 19:30

domenica ore 17:00

lunedì riposo

BIGLIETTI

intero 18 € - riduzioniconvenzionati 15 € - under27 10 € - over65 9 €

giovedìbiglietto unico 10 €

diritto di prenotazione 1 € (non applicato agli abbonamenti e ai biglietti acquistati online)

ALTRE RIDUZIONI

gruppi (10 o più) 12 €

Vieni a Teatro/Agis 12 € (martedì-mercoledì-domenica) 15€ (venerdì-sabato)

A Teatro in bicicletta 8 € mostrando in cassa un dispositivo di protezione (caschetto o luce segnaletica led)

scuole di teatro 10 € con tessera della scuola

precari, disoccupati e cassintegrati 9 €

disabili 9 € + accompagnatore (se obbligatorio) omaggio

Abitare e UniAbita 9 €

COME RAGGIUNGERCI

MM3 Maciachini / MM2 Lanza + tram 4 (fermata Niguarda Centro)

MM5 Ca’ Granda + autobus 42, 52

autobus 42, 51, 52, 83, 166, 172, BikeMi 313 (V.le F. Testi), 315 (Ca’ Granda), 322 (M5 Ca’ Granda)

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