Ancora molti i gap che persistono nel nostro paese nel praticare sport: divario nord-sud, gap di genere, differenze legate al reddito e all’istruzione. Importante l’impatto sulla salute. Il tema al centro di una conferenza che ha visto anche la presentazione del “FACTSHEET 2023: Analisi comparativa di attività fisica, sedentarietà, obesità e sovrappeso nelle regioni italiane” e del numero di gennaio dello Sportcity Journal sul Parere di Iniziativa approvato lo scorso novembre dal Comitato delle Regioni dell’UE su “Costruire il modello sportivo europeo basato sui valori, dal basso verso l'alto: un mezzo per favorire l'inclusione e il benessere sociale dei giovani europei”
Questa mattina, nella Sala Conferenze di Esperienza Europa “David Sassoli” di Roma, è stato presentato il report “Gli Italiani e lo Sport”, realizzato dall’Osservatorio permanente sullo sport, spin-off di Fondazione SportCity, in collaborazione con Istat, IBDO Foundation e Istituto Piepoli.
Alla presentazione sono intervenuti Federico Serra, Presidente dell’Osservatorio Permanente sullo Sport, Fabio Pagliara, Presidente Fondazione SportCity, Dino Giarrusso, Parlamentare Europeo, Massimo Pronio, Responsabile Comunicazione della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Veronica Nicotra, Segretario Generale Anci, Andrea Lenzi, Presidente CNBBSV della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Paolo Sbraccia, Vice Presidente Vicario di IBDO Foundation, Roberta Crialesi, Dirigente il Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza Istat e Roberto Lamborghini, Sport Advisor Sg Plus.
IL RAPPORTO “GLI ITALIANI E LO SPORT”
Un lavoro complesso e articolato, realizzato con i contributi di 28 esperti e 10 parlamentari (Chiara Appendino, Mauro Berruto, Paolo Ciani, Guido Quintino Liris, Simona Loizzo, Paolo Marcheschi, Roberto Pella, Mario Occhiuto, Fausto Orsomarso, Daniela Sbrollini), con un intervento del Ministro dello Sport e dei Giovani Andrea Abodi e con le prefazioni di Giovanni Malagò, Presidente del Coni, Luca Pancalli, Presidente Del Cip, Claudio Barbaro, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, e Marco Mezzaroma, Presidente Sport e Salute.
I dati dicono che nel 2022, in Italia, la quota di persone sedentarie, che dichiarano cioè di non svolgere né sport né attività fisica nel tempo libero, è pari a più di un terzo della popolazione. Potremmo dire che siamo un popolo di “sportivi da salotto”. Una fotografia impietosa che riguarda maggiormente il sud e le isole, dove paradossalmente le condizioni climatiche dovrebbero consentire una maggiore attività motoria all’aperto. Il forte gradiente Nord–Sud con i tassi più bassi registrati nelle province autonome di Trento (16,2 per cento) e Bolzano (16,9 per cento) e i più alti in Calabria (59,3 per cento) e Sicilia (59,3 per cento), mostra un’Italia spaccata in diverse realtà geografiche. Analogamente, in altre regioni meridionali più della metà della popolazione non pratica sport né attività fisica: Campania (55,1 per cento), Puglia (54,8 per cento) e Basilicata (53,7 per cento). Inoltre in Sicilia, Calabria e Puglia la graduale diminuzione della sedentarietà osservata nell’arco di 20 anni è stata annullata dall’incremento osservato nel 2022. I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni: nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). Inoltre nell’arco temporale di venti anni (2001- 2021) la sedentarietà è diminuita in misura maggiore tra le persone con titolo di studio alto accentuando le diseguaglianze sociali.
La conferenza è stata anche occasione per presentare il “FACTSHEET 2023: Analisi comparativa di attività fisica, sedentarietà, obesità e sovrappeso nelle regioni italiane”, realizzato da Fondazione SportCity e Osservatorio permanente sullo sport in collaborazione con Istat, CORESEARCH, IBDO Foundation,Federazione delle società di diabetologia (FeSDI), Open Italy, Bhave, European Association for the Study of Obesity (EASO), Italian Obesity Network (IO-NET), nonché il numero di gennaio dello Sportcity Journal, dedicato al Parere di Iniziativa presentato dall’On. Roberto Pella e approvato lo scorso novembre dal Comitato delle Regioni dell’UE su “Costruire il modello sportivo europeo basato sui valori, dal basso verso l'alto: un mezzo per favorire l'inclusione e il benessere sociale dei giovani europei”.
“A piccoli passi stiamo completando la ‘rivoluzione dolce’ che avevamo iniziato e stiamo arrivando alla ‘Repubblica del movimento’ – dice Fabio Pagliara, Presidente Fondazione Sportcity - Questo report dell’Osservatorio permanente sullo sport fotografa, grazie agli interventi autorevoli di rappresentanti del modo del governo, del parlamento, dello sport, della salute e benessere e del contributo dei dati di Istat, di IBDO Foundation e di Istituto Piepoli, il sentiment dello sport nel nostro Paese in questa migrazione verso una vera Repubblica del movimento”.
“Quelli presentati oggi sono dati che devono far riflettere su come viene erogata la cultura sportiva e del movimento nel nostro Paese. – dichiara Federico Serra, Presidente dell’Osservatorio permanente dello sport della Fondazione SportCity - Sono molte le differenze che emergono: tra nord e sud, tra le singole regioni, ma anche tra giovani e anziani, donne e uomini ecc. Il dato più significativo, e preoccupante, è quello della scarsa propensione di giovani a fare sport. I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). La recente legge che inserisce lo sport nell’articolo 33 della nostra Costituzione, apre una speranza che avvengano interventi omogeni e organici su tutto il territorio nazionale eliminando un gap territoriale inaccettabile dal punto di vista etico e sociale”.
“Gli stessi fattori, che dalla seconda metà del secolo scorso hanno portato all’allungamento della vita media fino ai livelli attuali, hanno anche portato, talora obbligato, ad una maggiore attitudine alla sedentarietà - dice Andrea Lenzi, Presidente CNBBSV della Presidenza del Consiglio dei Ministri – “Per questo, non solo lo Sport Agonistico, ma tutta l’Attività Fisica cosiddetta ‘Adattata’ (alle varie età, al genere, alle patologie, ecc.) rappresenta oggi, assieme alla corretta alimentazione, una vera strategia preventiva, ma anche una terapia per le malattie croniche non trasmissibili (metaboliche, cardiovascolari e polmonari, ecc.). Tale terapia dovrebbe diventare prescrivibile come un vero farmaco e ‘somministrabile’ a livello di apposite strutture sanitarie nell’ambito di una Terapia Educazionale”.
“Nel 2022, gli italiani che praticano sport nel tempo libero, in modo continuativo o saltuario, sono stati 19,9 milioni, più di un terzo della popolazione di 3 anni e più. – dichiara Roberta Crialesi, Dirigente il Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza Istat - Lo sport in modo continuativo è stato praticato dal 26,3 percento della popolazione per un totale di 15 milioni, mentre un altro 8,3 per cento ha svolto una pratica sportiva in modo saltuario. Nonostante le nuove generazioni mostrino livelli di pratica sempre superiori rispetto alle generazioni precedenti, quasi due terzi della popolazione continua a non praticare nessuno sport. Persistono gap su diversi livelli: il genere (nel 2022 il 40,2 per cento degli uomini pratica sport in modo continuativo o saltuario contro il 29,2 per cento delle donne), il territorio (tra Nord-Est e Sud ci sono oltre 15 punti percentuali di differenza nella pratica sportiva), l’istruzione (negli ultimi 20 anni la pratica sportiva è aumentata soprattutto per uomini e donne con titolo di studio più alto, con seguente accrescimento del gap socio-culturale e il divario si attesta sui 35 punti percentuali), e ancora disuguaglianze che riguardano il reddito e la famiglia”.
“Una percentuale molto alta (80-90 per cento) della mortalità, morbosità e costi dei sistemi sanitari nei paesi occidentali, è causata da malattie che derivano da alterati stili di vita; tra questi spiccano l’aumento dell’introito calorico e la sedentarietà, che sono poi alla base dello sviluppo di obesità. – dichiara Paolo Sbraccia, Vice Presidente Vicario di IBDO Foundation - Nelle nostre società iper-tecnologizzate si sono raggiunti tassi di sedentarietà inimmaginabili nelle epoche precedenti che si traducono in riduzione dell’aspettativa di vita per la comparsa di malattie/fattori di rischio che sono divenuti, appunto, i killer delle nostre società. (obesità, diabete, ipertensione, dislipidemia, aterosclerosi, cancro ecc.). È quindi evidente che uno dei cardini della promozione della salute è rappresentato dall’implementazione dell’attività fisica. Tutti i dati della letteratura sono concordi nel ritenere che un’attività attività fisica regolare rappresenti un argine fenomenale nei confronti di molte malattie cronico-degenerative. Tuttavia, al momento, l’implementazione dell’attività fisica rimane un problema non risolto per il mondo sanitario, per una varietà di fattori. Manca infatti ad oggi qualunque ipotesi di rimborsabilità o di inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), oppure di detraibilità fiscale per le spese sostenute per l’attività fisica”.
“I numeri presentati oggi confermano che è giunto il momento che lo sport sia formalmente riconosciuto come strumento essenziale di politica pubblica e attore di comunità, in un'ottica secondo cui il ritorno sanitario e sociale che esso garantisce ai territori e alle loro comunità non sia disgiunto dagli aspetti connessi alla sua rilevanza economica - dichiara l’On. Roberto Pella, Vicepresidente vicario ANCI e Membro Commissione SEDEC Comitato delle Regioni dell’Unione Europea, Presidente Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”, «Lo scorso novembre il Comitato delle Regioni dell’Unione Europea ha approvato un Parere d’iniziativa, da me presentato, sullo sport come infrastruttura sociale unica, che racchiude i valori stessi su cui si fonda l’Unione Europea. L’invito contenuto in questo parere d’iniziativa potrà promuovere un’azione fattiva da parte delle istituzioni, mettendo lo sport, quale realtà trasversale a una dimensione sociale, culturale, economica e sanitaria, al centro dell’agenda della politica”.