Stefania Amodeo è la Lady of Hotels con più di 28 anni di esperienza nel Marketing e nel settore dell’Hotellerie , 7 direzioni marketing in aziende e holding nazionali e internazionali nell’arco della sua vita lavorativa e più di 2500 ore in aula. A lei, che ha anche diretto in Italia per 12 anni il marketing del gruppo FMTG Falkensteiner e che oggi supporta la crescita di molte strutture, abbiamo chiesto che cosa significhi qualità nel settore alberghiero e quali saranno i trend del settore.
Chi si occupa della qualità all’interno di un albergo?
Questa è una risposta semplice. Tutti. Tutto lo staff, il management, il personale food & beverage, la crew addetta alla pulizia, le spa manager, i manutentori. Ogni reparto deve aver ben chiaro che la percezione della qualità dell’hotel da parte degli ospiti passa attraverso questa consapevolezza. Ogni membro del team diventa testimonial non solo dell’efficienza della struttura ma anche del concept e della vision. Senza la passione per ciò che si fa, per dove si è non esiste qualità.
Che abilità bisogna avere per diventare un Quality Manager?
Skills e soft skills, come per tutti i lavori. Tra le skill la capacità di sintesi, logica e organizzativa oltre all’abilità nel problem solving. Per le soft skills sono necessarie doti relazionali, la capacità di farsi comprendere e di farsi accettare perché le regole che vengono decise alla base devono essere condivise, accettate e “sposate”. Il Quality Manager è in grado di creare SOP, Standard Operating Procedure, al fine di fornire le istruzioni per compiere le azioni e i processi nella maniera corretta e idonea agli obiettivi aziendali.
Cosa deve fare concretamente un responsabile della qualità ?
Partendo dal presupposto che il Quality Manager deve avere la capacità di ascolto attivo e che non deve mai perdere di vista la percezione dell’Ospite, va da sé che egli debba condividere dapprima i core values, i valori, del gruppo alberghiero, se si tratta di un brand di hotels, o del singolo albergo, se si tratta di un’unica struttura. Deve conoscere profondamente ogni procedura esistente, dalle modalità di prenotazione, a come avviene il check in, a come viene servito un pasto e cosi’ via. Ma anche l’abbigliamento corretto, che può essere una divisa o uno stile da mantenere, il decoro nel linguaggio del personale. Tutta la parte operativa impatta su molti aspetti e si innesta in un sistema di marketing diretto.
Cosa produce questa figura? Quali risultati deve portare?
Ovviamente l’ottima qualità dei processi comporta una migliore reputazione dell’hotel o del gruppo. Il rispetto degli standard in tutte le proprietà di un brand comporta la valorizzazione del brand, la capacità di mantenere o decidere il posizionamento sul mercato, la migliore gestione di ogni reparto, la bellezza delle procedure e persino l’uniformità di comunicazione. Perché un altro aspetto importante è quello legato alla declinazione degli strumenti di marketing e comunicazione inhouse, ovvero all’interno di tutte le strutture. Se ad esempio si crea un cocktail di gruppo, che deve essere servito alla stessa ora in tutti i resort, è necessario che il bartender sappia esattamente come farlo e come servirlo. Uguale ovunque. Così come la sistemazione della camera che deve far percepire di essere in un hotel di quel gruppo e di quel livello. Ad esempio, se si decide che in tutte le suite deve essere servito il vassoio con Champagne e cioccolatini e che questo vassoio debba essere posizionato sopra alla scrivania, questo deve essere fatto.
C’è un’altra figura che è importante e che potrebbe aiutare il Quality Manager?
Sì, è una figura che si sta delineando in questi anni ma che non ha ancora la sua dignità nel contesto generale. E’ il concept manager, ovvero il professionista in grado di inventare le esperienze all’interno del gruppo alberghiero e le modalità in cui queste devono essere realizzate. Questo sistema aiuta a dar vita a pacchetti o servizi innovativi, la cui traduzione nella realtà porterebbe alla creazioni di nuove procedure che il quality manager dovrebbe tracciare.
A proposito di esperienze e trend, quali saranno quelli del futuro? Dove sta andando l’hotellerie?
Si era detto qualche anno fa, in alcune mie interviste era già stato evidenziato, che si sarebbe andati verso la filosofia del green e che l’open air avrebbe giocato una parte da leone così come il glamping. Oggi si sta andando oltre, estremizzando questi temi. Il green sarà sempre più non solo biosostenibilità ma anche ambientazione e architettura. Il design e il concept specifico saranno le carte da giocare, così come continuerà l’onda del wellness che però diventerà a 360 gradi. Quindi non solo all’interno dell’hotel ma anche esternamente attraverso esperienze correlate ai servizi offerti. La parola chiave potrebbe essere “memorabile”, correlato a “raccontabile”. La tecnologia sarà fondamentale ma dovrà essere subliminale e dovrà anch’essa interagire con l’architettura. La caratterizzazione, ovvero la specializzazione, giocheranno un ruolo ancora più importante e vinceranno le idee che ancora non sono state realizzate, anche estreme. Ci sarà però anche un ritorno alla tradizione, alle radici. E come nel panorama del lavoro l’artigianalità farà la differenza, così sarà nel mondo dei servizi e dell’ospitalità. Un forte trend sarà quello del recupero e della cura di queste istanze, della nostalgia di un mondo di sicurezze e di valori familiari.
Quale frase dovrebbero avere in testa gli albergatori?
“Cogliere l’attimo”. E’ questo che vuole e che vorrà l’Ospite. L’attimo che è di qualità, appunto. In una vita che corre, che scorre e che si percorre con frenesia il tempo dedicato alla nostra salute mentale e fisica diventa una necessità, non più un vezzo.